Leggendo questo romanzo di Mavie Parisi (“Quando una donna”, edito da Giulio Perrone, pagg. 218, € 15.00) mi veniva da riflettere su quanti secoli sono passati dalla creazione del mondo. E quanto breve sia l’esistenza di un essere umano. Uno sbatter di ciglia. Siamo meteore cadute chissà da dove, chissà per quale scopo. Chissà se lasceremo traccia. Sta a noi spendere la nostra breve esistenza su questa terra. A noi e a nessun altro.
Zaira, la protagonista di questo romanzo, insegue i propri obiettivi. Come tutti. E come tutti pone al centro se stessa, sopraffatta dall’ansia di arrivare prima, vincere la sua gara con la vita, a costo di fare lo sgambetto agli altri concorrenti. Un’ansia che l’autrice riesce a trasmettere al lettore con grande abilità linguistica. Zaira ha la sua bellezza su cui investire, una laurea in medicina e tanta spregiudicatezza. Ma non sempre le cose filano come vorremmo e ci ritroviamo a fare i conti con la nostra coscienza e i nostri fantasmi, pronti a presentarci il conto quando meno ce lo aspettiamo, quando finalmente si diradano le tenebre che occultano la nostra mente e il nostro cuore.
La cecità magistralmente raccontata da Saramago in uno dei suoi capolavori mondiali. Se solo ci rendessimo conto di quanto siamo vulnerabili, forse opereremmo scelte diverse. Mi è piaciuto questo romanzo, mi è piaciuto molto. Ha lasciato in me un segno, ha regalato emozioni. Questo è lo scopo per cui vanno pubblicati i libri. E io sono uno che di romanzi ne legge tantissimi per mestiere, non tutti riescono a regalarmi qualcosa. Tutt’altro. Mavie Parisi ci racconta storie e miserie di piccoli essere umani impegnati a sopraffarsi, corpi che si dibattono per non affogare, disposti a tradire e a uccidere. Un noir? Un giallo?
Un romanzo dai forti contenuti erotici? Mi sembra proprio di no. Qualcosa di più complesso, un labirinto di sentimenti umani che il lettore è chiamato a districare. Ambra, Anita, alessia, Angela sono donne alla ricerca disperata di un polo d’attrazione su cui gravitare, un punto di riferimento stabile per la loro fragilità e credono di trovarlo nel potente primario Sergio Macchiavelli, salvo poi rendersi conto, una dopo l’altra, che anche lui è un essere umano alle prese con le proprie debolezze, i propri conflitti interiori, i contorcimenti mentali. La morale è che ognuno in questo breve arco di tempo che ci viene concesso di vivere deve trovare all’interno di se stesso il baricentro ideale, senza fare affidamento sugli altri. Siamo zattere nel mare in tempesta, qualcuno è destinato a naufragare, qualche altro approda a riva.
Salvo Zappulla